La pasta, questione di sensibilità
Sapevate che la pasta non si cuoce? Ebbene non si butta nell’acqua bollente e basta. Il processo si chiama tecnicamente reidratazione. Per poter gustare al meglio un piatto di pasta, è fondamentale conoscerne origine, profumi e spessori per valorizzarla nel modo giusto. Non c’è una ricetta precisa: il vero ingrediente è la capacità di capirla mentre cuoce. Possiamo controllare la quantità di amido rilasciata dalla pasta all’interno delle preparazioni, senza trascurare, però, che la cottura sia perfetta, al dente ma senza eccessi, in modo da avere il massimo della piacevolezza al morso e alta digeribilità. Per una preparazione in cui vogliamo molta cremosità utilizzeremo una risottatura, nel caso opposto cuoceremo la pasta in modo classico finendola con una mantecatura.
Mantecatura
Versare la pasta in acqua bollente salata, avendo cura di interrompere la cottura con qualche minuto di anticipo, rispetto al tempo indicato sulla confezione, per completarla con la mantecatura direttamente nell’intingolo, con qualche mestolo di acqua di cottura, se necessario. È buona norma scolare la pasta con una schiumarola o un forchettone (non nello scolapasta) per non asciugarla troppo. Con questa tecnica si prediligono paste fresche o secche, anche lunghe e porose, accompagnate da salse corpose, base pomodoro, carne e pomodoro o vegetale, ad esempio l’amatriciana, cacio e pepe e crema di broccoli.
Risottatura
Cuocere la pasta nel modo tradizionale in acqua bollente salata per metà del tempo necessario, così da farle scaricare circa un 20% di amido in acqua. Scolarla con una schiumarola e continuare la cottura nel condimento, amalgamandola bene agli altri ingredienti e aggiungendo liquidi, all’occorrenza. La risottatura si adatta bene ai formati lunghi, attenzione, però: non abusatene, perché non tutte le ricette traggono valore dalla grande cremosità conferita da questo tipo di preparazione. Per questa tipologia di preparazione si prediligono condimenti della pasta non molto corposi, generalmente sughi bianchi e leggeri, per lo più vegetali o di pesce, come aglio olio e peperoncino, salsa ai funghi e sugo di vongole. Infatti con questa tecnica la pasta rilascerà molto più amido che non viene più disperso in acqua come nel metodo tradizionale e se lo utilizzassimo per salse più corpose avremmo un sugo troppo denso e tirato, quasi pastoso.
Cotture alternative
Altro metodo da sperimentare è la cottura passiva che evita la dispersione di amido e glutine e consiste nel buttare la pasta nell’acqua bollente, far bollire per pochi minuti (2-4 al massimo), spegnere il fuoco, coprire e far rimanere la pasta nell’acqua per il tempo scritto sulla confezione. Al contrario la cottura per infusione che ha lo scopo di convertire l’amido in una forma digeribile schematizzando il processo di cottura in tre fasi: assorbimento dell’acqua, rigonfiamento dell’amido e sua gelatinizzazione a temperatura 70-75°C.