In poco più di 7 anni i “nuovi italiani” (immigrati regolari provenienti da altri Paesi) convertiti al nostro piatto nazionale, la pasta, sono praticamente raddoppiati. Erano meno di 2 milioni e mezzo (2.370.000) nel 20071 e sono diventati, come rivela la V edizione dell’Osservatorio Immigrati realizzato da Doxa per Etnocom2, circa 4 milioni e mezzo, con una crescita in termini assoluti del +90%.
Certo questa evoluzione dipende anche da una crescita strutturale della base di riferimento – in questo arco di tempo gli immigrati regolari sono arrivati a circa 6 milioni – ma ci troviamo indubbiamente all’interno di un percorso di crescita del gradimento che ha visto la base consumatori passare dal 79% all’83% del totale (+5%).
LA PASTA, DA ANNI ALIMENTO PREFERITO IN ASSOLUTO DA 1 IMMIGRATO SU 2…
Questi dati confermano quanto emerso in una ricerca del 20103, nella quale la pasta figurava come l’alimento in assoluto preferito da 1 immigrato su 2 (con il 52% delle preferenze, seguita dal riso, 23,5%, e dalla carne 15,7%).
Mentre alcuni alimenti sono decisamente “sgraditi”, anche per ragioni di tipo religioso e/o culturale o legati ad allergie/sensibilità particolari (come nel caso del lattosio): il pesce (23,1%), i formaggi (22,7%) e gli insaccati (15,3%), prima di ogni altro.
Non sempre infatti il confronto con la nostra cultura alimentare risulta semplice e indolore.
K. Orberg ha coniato il termine “shock alimentare” per spiegare il disorientamento che altri (Giampaolo Fabris) hanno preferito definire “effetto Stendhal”: uno spaesamento dovuto sia a ragioni d’impatto con sapori e cucine diverse, sia al confronto con un’abbondanza e una varietà di alimenti ai quali, in molti Paesi di provenienza, non erano abituati.
Alcuni studi hanno anche valutato l’effetto di questo impatto in una scala (massima a 10, minima a 1) che vede al top (9,2) chi proviene dai Paesi asiatici (primo Paese fra tutti il Bangladesh), dai Paesi dell’Est extra UE (9,1), dall’Africa (7,7), dagli altri Paesi Europei (6,8), dal Nord Africani (4,6) e l’America Latina (2,7).
I tempi di adattamento alla nostra cucina variano da 1 (America Latina) a 6 anni Asia e Est Europa non UE).
I CONSUMI DI PASTA “TENGONO” (CIRCA 26 KG PROCAPITE) ANCHE GRAZIE AGLI IMMIGRATI…
La spinta portata dall’apprezzamento dei “nuovi italiani” nei confronti della pasta risulta dunque una leva determinante nella tenuta di questo prodotto in un’epoca di flessione generalizzata dei consumi alimentari.
Se la pasta ha mantenuto negli ultimi venti anni una curva di consumo costante (all’interno di un range compreso tra 25,5 e 284 kg pro capite annuo) dipende dunque anche dalla continuità di apprezzamento garantita da una fetta di popolazione pari oggi a circa il 10% del totale italiani.
Se così non fosse stato l’effetto riduzione fisiologico in questi anni (il 40% degli italiani ha dichiarato5 di aver dovuto ridurre gli acquisti alimentari in quantità per colpa della crisi, come dimostra il calo, tra il 2011 e il 2013, del budget destinato a cibo e bevande, sceso, in termini reali, da 477 a 461 euro6) avrebbe comportato una flessione importante nei volumi di pasta consumata sul mercato nazionale, come accaduto per altri alimenti.
Basta vedere quello che è accaduto con la carne (nei primi anni Duemila i consumi “apparenti” sfioravano i 90 kg7, scesi oggi a circa 75 kg8, più o meno come accaduto ai consumi “reali”, passati da circa 509 kg procapite a 40 kg), con formaggi e latte (dai quasi 100 kg complessivi degli anni Ottanta e dei primi anni Novanta10 oggi siamo arrivati a circa 75 kg11), con il pane (consumi dimezzati – da 84kg a meno di 33 kg12 – dal 1990 a oggi) e, soprattutto, con il vino (in questo caso la flessione è stata drastica, dai 100 litri degli anni Settanta ai circa 37 attuali13).
“Scoprire che la pasta è riuscita a conquistare così tante persone, provenienti anche da Paesi con culture alimentari diverse e distanti dalla nostra – spiega Riccardo Felicetti, Presidente della Sezione pasta di AIDEPI (Associazione industriali del dolce e della pasta italiani) – è una ulteriore conferma della effettiva e naturale natura globale di questo prodotto. La crescita dell’export – arrivato a quota 2 miliardi di euro nel 2013, registrando un +25% negli ultimi 10 anni – è la faccia più nota della medaglia. Adesso, grazie ai dati messi a disposizione da Etnocom, scopriamo che la pasta italiana sta conquistando il mondo interro anche all’interno dei suoi confini nazionali. Il segreto di questo successo riscosso dalla pasta presso gli immigrati? Ha un gusto che conquista, fa bene ed è alleata del benessere , è un alimento completo e saziante, essendo anche apportatore di proteine. E, soprattutto, è accessibile a tutti”.
1 “Marketing the melting pot”, Tomorrow SWG/Etnocom, 2007
2 “Osservatorio Immigrati V edizione”, Doxa/Etnocom, 2014
3 “Abitudini alimentari, stili di vita e condizioni di salute delle famiglie e dei bambini delle scuole primarie milanesi”, Osservatorio dei consumi alimentari, Fondazione Università Iulm/Milano Ristorazione/Università degli Studi di Milano, 2010
4 AIDEPI, 2014
5 “Condizione economica, vita quotidiana e consumi delle famiglie”, Annuario statistico italiano, Istat, 2014
6 “I consumi delle famiglie”, Report Statistiche, Istat 2014
7 Istat, Bilanci Alimenti Nazionali; Faostat, “Food Supply Quantity” serie storica dal 1961 al 2011
8 Gira, 2013
9 INN-CA Study, 1994-1996/2005-2006; “Carni sostenibili” 2014
10 Bilanci Alimentari Nazionali, Istat
11 “Bilanci Alimentari nazionali, “Evoluzione delle disponibilità di consumo pro capite di alimenti in Italia dal 1951 al 1995, Istat; CLAL.IT
12 Coldiretti, 2014
13 “Bilanci Alimentari nazionali, “Evoluzione delle disponibilità di consumo pro capite di alimenti in Italia dal 1951 al 1995, Istat; Federvini, 2014