Non si parla mentre si mangia, ma mentre si cucina sì, soprattutto se si ha una buona storia da raccontare su cosa si sta preparando. E nella sua carriera millenaria, la pasta di storie ne offre molte. Ecco quindi 10 curiosità con le quali stupire i propri ospiti prima, durante e dopo il pasto.
1 – Accademici maccheronici – Le Accademie Maccheroniche esistevano a Chioggia già da prima che Giacomo Casanova le scoprisse, ma fu proprio il poeta a raccontarne l’attività. Si trattava di circoli di poesia in cui la convivialità toccava il suo apice nelle acerrime tenzoni tra poeti che si sfidavano a colpi di rime con oggetto proprio i maccheroni. Inutile dire che le riunioni si chiudessero con abbuffate di maccheroni.
2 – Maccheroni ai ‘Piombi’ – non si tratta tanto di una ricetta, quanto di una trovata per celare lo scambio tra detenuti di un punteruolo di ferro. Il protagonista è Giacomo Casanova e il teatro è la famigerata prigione di Venezia ‘i Piombi’. Il punteruolo che il poeta doveva far avere a un altro detenuto sporgeva vistosamente dal dorso della Bibbia in cui era stato nascosto, per questo decise di collocare sopra al volume un grande piatto ricolmo di maccheroni con abbondante burro e salvia che rischiava di fuoriuscire ad ogni passo della guardia. Quest’ultima, impegnata a non versare il contenuto del piatto non si accorse di cosa celasse il libro su cui era stato riposto e lo scambio avvenne con successo.
3 – Formaggio “come nuova piramide d’Egitto”. Scrive Carlo Tito Dalbono su uno dei luoghi simbolo della Napoli del XIX secolo: la taverna. Riferendosi al piatto principe, i maccaroni, racconta “le consuetudini delle ricche mense han dato a questo cibo svariati condimenti, ma il napolitano li mangia spesso col semplice formaggio bianco. Però di lato alla ampia fumante calda maccaronense è un ampio piattobianco, bacino o scafarea di bianco formaggio, nuova piramide d’Egitto, ornata dalla punta alla base di strisce nere fatte col pepe e sul culmine della quale spesso è posato un pomodoro o, in mancanza di questo, un fiore rosso”.
4 – Effetto comico – Penny Magazine, UK, 1830. Molto divertito, un giornalista londinese racconta la sua visita agli stabilimenti di Gragnano. A colpirlo fu l’impiego del lavoro umano nell’imprimere la forza necessaria a ottenere l’impasto per la pasta “uno o più uomini o ragazzi siedono all’estremità del trave e imprimono alla leva il necessario moro alternativo, ora scendono col loro peso ora risalendo puntano i piedi sul terreno. In realtà non fanno altro che giocare all’altalena. Agli occhi dello straniero l’effetto prodotto da una grande fabbrica dove sono a lavoro parecchie di queste macchine e un buon numero di individui robusti, che saltano su e giù, ha in sé qualcosa di veramente comico”.
5 – L’industrializzazione dell’arte bianca – La produzione di pasta a Torre Annunziata passò da artigianale a industriale negli ultimi decenni del XIX secolo. “Torre annunziata vive dell’industria delle paste – scrive il sindacalista Oddino Morgari – I grani le giungono dalla russia su dei piroscafi; trecento lavoratori del porto mettono quei grani a riva; cinquecento mugnai li riducono in semole, in quattordici grandi molini a vapore, ottocento pastai trasformano queste semole in paste, in 54 pastifici, duecento meccanici, fuochisti e falegnami ne dirigono e riparano le macchine; altrettanti carbonai le forniscono di combustibile, trecento uomini della ‘carovana di piazza’ fanno i servizi esterni con dei carretti a mano, cento carrettieri trasportano le paste a Napoli, cinquanta facchini della ‘ciurma’ della ferrovia le caricano sui treni, cinquanta lanzaioli su delle barche le menan via per mare sopra grosse navi che le porteranno specialmente in America. Son quasi tremila persone, con le famiglie più di dieci mila, che vivono in Torre, coll’industria delle paste”.
6 – La pasta nel Decameron – Di pasta parla anche il Boccaccio nel suo irriverente Decameron “una contrada che si chiamava Bengodi, nella quale si legano le vigne con le salsicce, e avevasi un’oca a denajo e un papero a giunta. Et eravi una montagna tutta di formaggio parmigiano grattugiato, sopra la quale stavano genti che niuna altra cosa facevano che far maccheroni e ravioli, e cuocerli in brodo di capponi, e poi gli gettavan quindi giù, e chi più ne pigliava, più se ne aveva”.
7 – La storia di Noddo d’Andrea – l’intemperanza di alcuni personaggi è raccontata da Franco Sacchetti, discepolo di Boccaccio, con un aneddoto che riguarda le sue abitudini alimentari. “Noddo d’Andrea, il quale al presente vive, è stato grandissimo mangiatore e di calde vivande mai non s’è curato, se non come s’elle andassano giù per un pozzo, quando se l’ha messe giù per la gola”.
8 – Il collo di gru – Ortensio Lando, nella seconda metà del ‘500, riporta lo sfogo di malinconia d’un personaggio immaginario quando pensa ai maccheroni di Sicilia. “Quando io ne mangiava mi doleva come Aristosseno che Iddio non mi avessi dato il collo di grue perché sentissi nel trangugiarli maggior piacere, mi doleva che il corpo mio non si facesse una gran capanna”.
9 – Varie forme, tutte buone – Nel Rinascimento Costanzo Felici, naturalista e studioso di botanica con una particolare passione per il cibo, rese omaggio ai vari formati “sentirai nelle cucine vari e diversi nomi, cioè lassagna, lassagnola, tirata, macaroni o cavadoli tirati in varie forme, strenghe, tagliatelli, vermicelli, granetti e altri poiché fa parte di quei cibi a base di cereali che connotano contemporaneamente la sussistenza e il piacere”.
10 – le paste bucate cinesi – Si parla di pasta istantanea e delle promettenti colture sperimentali di grano duro nel nord della Cina. Un gran numero di imprenditori dinamici sarà presto pronto a lanciarsi nella produzione di ‘tongxin mian’, le ‘paste bucate’ per rispondere alla forte domanda del mercato attestata dalle numerose foto pubblicitarie delle riviste specializzate che esaltano i meriti della pasta all’italiana.