Lo street food? Nasce a Napoli con i “lazzaroni”

Nel 1700 si affermava il cibo cotto e mangiato per strada con i “mangiamaccheroni” partenopei

Sono in molti a pensare che lo street food sia una tradizione tutta recente legata al benessere e alla globalizzazione dei sapori. In realtà nasce da più lontano. Siamo in Italia, nel Settecento: già da qualche tempo, da un paio di secoli circa, la Campania è leader nella produzione di pasta secca. I pastai napoletani spiccano per il loro famoso ingegno, unito all’arte di arrangiarsi: utilizzano il torchio a trafila per pressare la pasta lavorata su trafile modellate, dando così vita a diversi formati di pasta.

Dal Grand Tour ai lazzaroni – E’ proprio tra il Cinquecento e il Seicento che l’industria manifatturiera della pasta di Torre Annunziata e Gragnano si afferma, diventando poi famosa in tutto il mondo. A Gragnano sono ben 25 i mulini che macinano grano duro, a Torre Annunziata si producono oltre 445 quintali di pasta al giorno nei 26 pastifici, alla fine del Settecento. In questo scenario vi sono i primi esempi di turismo moderno, visto che Napoli è una delle mete scelte per il Grand Tour, il consueto viaggio per il continente compiuto dai giovani europei appartenenti all’aristocrazia e alla borghesia. I visitatori stranieri restano così colpiti sia dal brulicare di chiasso e gente nei vicoli della città sia dai cosiddetti “mangiamaccheroni”: giovani scansafatiche, appartenenti a ceti medio bassi, chiamati “lazzaroni” dediti all’ozio, pigri ma scanzonati. Giullari del tempo protagonisti del primo street food della storia: con la testa all’indietro, il braccio che pendeva dall’alto verso il basso con in mano una mini porzione di pasta. Un’immagine resa poi ancor più celebre dalla maschera di Totò nel film “Miseria e nobiltà”.

Cotto e mangiato per strada – Fino a quel momento i napoletani erano soprannominati “mangiafoglie” per il gran consumo di cavoli e broccoletti. I nuovi “mangiamaccheroni” non rispettano sicuramente tutte le regole di igiene e salute, ma diventano ben presto un simbolo del folklore e del costume partenopeo. Quello di strada è un cibo cotto e mangiato: la pasta si mangia all’aperto anche per ragioni di spazio, visto che la popolazione del tempo vive in stanze troppo piccole per potersi permettere una cucina. Inoltre i lazzaroni non hanno un tetto dove rifugiarsi, quindi cucinano e mangiano direttamente sul posto. I giovani del Gran Tour, affascinati da questo nuovo fenomeno annotano le loro considerazioni sui propri taccuini. Secondo alcune testimonianze giunte fino a noi, una guida turistica dell’epoca consigliava ai turisti di andare di sera vicino la zona di Posta Massa, verso la Vicaria, per vedere direttamente come si mangiavano i “maccheroni alla napoletana”: senza forchetta, con le mani, sollevati mezzo palmo sopra la bocca e avvicinati alla bocca con un piccolo movimento a spirale. C’era, infine, anche l’abitudine a esporre spaghetti e maccheroni sulle vetrine dell’epoca, ovvero telai e canne per la fase di essiccazione all’aria aperta, non certamente il modo più igienico possibile ma che faceva da contorno perfetto ai lazzaroni partenopei.

 

Altre fonti: IFood