Sono tra i quattro formati di pasta più amati dagli italiani. Vengono chiamati in modo diverso in base alle regioni italiane: Fusi ad alette, Fusilloni, Gemelli, Riccioli, Spirali e Tortiglioni. Oggi vi raccontiamo tutte le curiosità sui Fusilli, un formato dalle tante vite.
La nascita della “fusilla” – La nascita dei fusilli, in versione industriale, risale al 1924. Fino a quel momento la fattura manuale di questo formato, molto simile al bucatino o perciatello, aveva dato risultati non soddisfacenti per gli standard di qualità richiesti alla nascente industria, soprattutto dal mercato internazionale. Furono due emigranti italiani a New York, Guido e Aurelio Tanzi, a mettere a punto proprio nel 1924, la macchina giusta per produrli a regola d’arte: la fusilla. Il foro al centro veniva perfetto e così la spirale attorno.
Un nome diverso per ogni regione – I fusilli erano originariamente chiamati busiata, in Sicilia, e busa, in Sardegna. Prendendo nome dalla canna (bus) con la quale gli arabi realizzavano questa pasta. Utilizzando sempre la tecnica del ferretto (o della canna) nel Quattrocento vengono definiti strangolapreti in molte aree del sud Italia, dove finisce per radicarsi maggiormente. In Abruzzo li chiamano zufolitti (per la somiglianza con il piffero, detto zufolo), fischietti nel pugliese e lombrichelli nel foggiano.
Il giusto abbinamento e una curiosità – In Sicilia sposano il pesto alla trapanese, nel Lazio si condiscono tradizionalmente con un sugo di carne d’agnello, mentre in Basilicata si mangiano, conditi con ragù, cacioricotta e un pizzico di rafano, soprattutto a Carnevale. In questa regione un lungo fusillo veniva anche adottato per stabilire il sesso del bambino: se, gettato nell’acqua bollente, rimaneva a galla dritto, voleva dire che sarebbe stato un maschio. Se si rovesciava di lato, allora si sarebbe trattato di una femmina. Il termine fusillo è invece di origine napoletana: in Campania, infatti, si preparava con un ferro a sezione quadra – realizzato dal fabbro – simile al fuso delle filatrici. Più avanti venne utilizzato anche il ferro da calza e i ferri degli ombrelli dismessi.