Da New York a Pechino, da Rio de Janeiro a Tokyo, passando per Berlino e Addis Abeba, un viaggio tra tendenze, nuovi stili di consumo e le strategie degli industriali italiani per far crescere l’export di questo prodotto, ambasciatore nel mondo del modello alimentare italiano.
Buona, sana, accessibile a tutti, sostenibile… e italiana. Oggi 3 piatti di pasta su 10 mangiati nel mondo sono prodotti da pastifici italiani. Sono 2 milioni le tonnellate di pasta made in Italy destinate ai mercati esteri, il 57% della produzione totale. A testimoniare che la pasta ha un futuro (ma anche un presente) globale, in occasione del World Pasta Day 2015 AIDEPI racconta 6 capitali (e 5 continenti) simbolo della pasta nel mondo, per altrettanti modi di approcciarsi al nostro piatto nazionale. Eccone…un assaggio!
1. Baked Ziti from New York – È di circa 8,8 kg ad oggi il consumo pro-capite negli USA (il doppio rispetto agli anni ’80). Gli USA si attestano al 4° posto complessivo, ma 1° tra i Paesi extraeuropei, per gradimento della pasta italiana. Ne importano 151 mila tonnellate, pari al 7,7% in volume e al 9,5% in valore della nostra torta dell’export. E scopriamo che fra le ricette preferite dagli americani ci sono i Baked Ziti. . Si tratta di una sorta di pasta pasticciata presente nelle case e nei ristoranti americani da molti anni. Gli ziti spezzati sono gratinati in forno in una pirofila dopo essere stati conditi con varie salse tipiche della cucina italo americana. Un esempio? Ziti con pomodoro, formaggio, salsicce, funghi, cipolle, e chi più ne ha più ne metta. In generale, il formato preferito sono senza dubbio gli spaghetti (40%), seguiti da spaghettini, gomiti, rotelle e penne. Mentre la salsa più gettonata è quella ai formaggi (37%). Seguono sughi a base di carne (32%), verdure (31%) e pesce (20%).
2. A Pechino? Gli spaghetti sono nel wok – Quanta pasta mangiano i cinesi? Difficile fare una stima su una popolazione di 1,3 miliardi di persone. Considerando solo i noodles a cottura istantanea, ogni anno i cinesi ne mangiano 40 miliardi di confezioni, circa la metà del consumo mondiale di questo prodotto. Ma anche in questo mercato in cui entra da outsider, la pasta di grano duro italiana è in costante crescita. Solo negli ultimi 5 anni, l’export di pasta italiana in Cina è praticamente quadruplicato (+ 427%), passando da meno di 3 mila tonnellate nel 2009 alle 6 mila circa del 2011 fino a superare quota 15 mila a fine 2014. In Cina il salto culturale per la pasta italiana è molto ampio, perché anche se a prima vista noodles e spaghetti sembrano simili, il concetto base di “bollire e scolare” occidentale mal si sposa con gli utensili e l’architettura della cucina asiatica. Sarà per questo che i cinesi non amano cucinare la pasta all’italiana, con la tipica salsa di pomodoro o il basilico, ma preferiscono adattarla ai prodotti della cucina orientale, preparandola nel wok e scegliendo condimenti come miele, yogurt o soia. Per superare questo gap, le aziende italiane hanno realizzato una variazione sul tema pasta più vicina culturalmente ai noodles asiatici e appositamente pensata per essere preparata nel wok: si tratta di un piatto pronto confezionato con il suo sugo liofilizzato. Basta versare tutto direttamente in padella, aggiungere l’acqua, mescolare per un minuto ed il gioco è fatto.
3. Rio de Janeiro e la pasta del surfista – Con 6,3 kg sono il 16mo Paese consumatore ma, secondo l’Associazione brasiliana dei produttori di pasta, primo produttore di questo alimento in tutto il Sudamerica. Il Brasile, pur essendo il quarto produttore di pasta al mondo, dopo Italia, Stati Uniti e Turchia, è un importatore netto del settore. Tuttavia, poiché la produzione locale è essenzialmente di grano tenero, le importazioni si sostanziano prevalentemente in prodotti più elaborati, come paste secche di grano duro. L’Italia è il primo Paese fornitore di pasta per il Brasile ed ha una quota di oltre il 70% del totale. La pasta è entrata in pianta stabile sulle tavole dei brasiliani perché si prepara velocemente, costa poco ed è un alimento completo dal punto di vista nutrizionale. E il fatto che non ingrassa la rende ideale per chi ama lo sport. In particolare il calcio e il surf, le discipline più praticate in brasile per le quali i carboidrati a basso indice glicemico della pasta costituiscono un’ideale scorta energetica…Lo sa bene il Campione del mondo in carica di surf Gabriel Medina, il cui piatto preferito è la pasta al forno preparata dalla madre, con formaggio e ragù di pollo. Ideale per ritemprare le forze dopo ore in acqua e, dichiara Medina, perfetto da condividere con gli amici: “quando so che ci sarà la pasta a cena, le chiedo sempre di preparare una teglia extra, perché i surfisti sono sempre affamati!”
4. Tokyo & spaghetti gourmet – Il Giappone con 75mila tonnellate di pasta è al quinto posto fra gli importatori di pasta italiana. Con una quota export del 45% e un valore di 11.146 milioni di Yen, la pasta è al primo posto tra i prodotti italiani più apprezzati in Giappone, insieme all’olio d’oliva e al vino. La pasta italiana ha iniziato a spopolare in Giappone negli anni ’90 assumendo nel tempo una duplice valenza: quella di piatto ‘quotidiano’, perfetto in pausa pranzo o da cucinare a casa, e quella di piatto ‘sofisticato’, da prediligere la sera, nei ristoranti italiani o in occasioni speciali. Per un assaggio di pasta più vicino al nostro palato mediterraneo, più invitante (e semplice) appare la versione giapponese degli spaghetti con la bottarga: un condimento che si trova anche pronto in comode bustine nei supermercati di Tokyo da spolverare sulla pasta appena scolata. Basta aggiungere un po’ di alga nori a fette per un primo piatto dagli inconfondibili sapori di mare.
5. Addis Abeba, una filiera della pasta contro la fame – Il consumo di pasta in Etiopia è ancora su livelli molto bassi, ma in costante crescita tra i 90 milioni di etiopi. Il trend in corso indica prospettive di crescita fino a 5 kg pro capite nei prossimi anni, specialmente nelle aree urbanizzate, dove la pasta è perfetta per i nuovi stili di vita per il suo essere veloce e semplice da preparare, accessibile e compatibile con le abitudini alimentari del Corno d’Africa. L’Africa costituisce meno del 3% dell’export di pasta italiano (sia in volume che in valore), ma rappresenta una delle sfide più intriganti per il settore. In questo continente esportiamo circa 55mila tonnellate annue (2014), che vanno ad aggiungersi alle 800mila prodotte localmente. In Etiopia, la produzione di pasta è passata in pochi anni da 500 a 15 mila tonnellate e operano circa 20 pastifici. L’Etiopia e l’Africa rappresentano un laboratorio concreto per capire il ruolo della pasta nella lotta a fame e malnutrizione. In Oromia, un progetto della Cooperazione italiana in corso dal 2010 sta puntando sul grano duro e sulla produzione di pasta per vincere le carestie (il grano duro è resistente alla “ruggine” e alle altre malattie dei cereali che possono distruggere i raccolti). E nel resto del continente, dall’Etiopia, all’Eritrea fino all’Angola, diverse aziende pastarie italiane stanno esportando l’arte della pasta con la creazione di nuovi molini e pastifici per favorire la produzione e il consumo locale di questo piatto ecosostenibile.
6. Berlino, 1 piatto di pasta su 2 è italiano – La Germania si conferma il primo mercato di riferimento per l’export di pasta italiana. Assorbe quasi un quinto dei consumi di pasta italiana nei 5 continenti (18,3%), con un valore di 342,6 milioni di euro. Con 360.023 tonnellate importate, è italiano un piatto di pasta su 2 (51%) tra quelli consumati dai tedeschi (702.687 t). La pasta è la fonte di carboidrati più diffusa in Germania dopo pane e patate. Secondo una ricerca di Euromonitor, per la sua immagine di prodotto sano e naturale, “batte” riso, noodles e cuscus. Dati che confermano i risultati di un’indagine di Oxfam nel 2011, per cui la pasta, con il 12,1% delle preferenza, batteva la pizza (6,2%), verdure (3,8%) e Schnitzel (3,7%) tra i piatti preferiti dai tedeschi. Con gli spaghetti, indicati al quinto posto di questa classifica (3,1%), a rafforzare ulteriormente questo primato. La tipologia di pasta più consumata è quella secca che copre quasi i ¾ del mercato. Per mantenere la leadership in un mercato maturo, dove la pasta italiana deve competere con quella a marchio privato dei discount, i produttori italiani stanno puntando su tipologie regionali e nicchie come quella integrale, senza glutine o biologica. Altra tendenza cavalcata è quella di adattare la pasta all’abitudine tedesca (e di buona parte del Nordeuropa) di servirla con carne, verdure nello stesso piatto. Se la pasta è contorno più che primo piatto, ecco la pasta a rapida cottura, pronta dopo soli 4 minuti nell’acqua bollente. Non è una pasta precotta, ma è ottenuta con particolari tecniche di lavorazione: è più ricca d’acqua rispetto alla pasta comune e quindi, a parità di peso, fornisce anche meno calorie.