5 curiosità sulla pasta e i suoi condimenti

Da quella cotta nel latte di mandorla, alla passione per l’agrodolce, passando per la rivoluzione del 900 curiosità e aneddoti dalla storia della pasta e dei suoi condimenti.

Pasta e formaggio? – Ebbene sì, dalle origini e fino agli anni venti e trenta dell’Ottocento la pasta era condita rigorosamente in bianco: il suo compagno, infatti, era il formaggio. Come condimento grasso veniva usato soprattutto il brodo arricchito con lo strutto, un po’ in tutta Italia, il burro (a Nord) e, più raramente, l’olio d’oliva (a Sud). Il tipo di formaggio era patrimonio degli usi e costumi locali, passando in rassegna ogni genere di formaggio a base di latte di pecora o di mucca. Le cose cambiano con la comparsa del pomodoro, che cambierà la storia e decreterà il successo internazionale di questo piatto.

L’arrivo delle spezie e dello zucchero – Accanto al formaggio si affacciano, dal trecento, anche le spezie (cannella, zenzero, chiodi di garofano, zafferano) che cominciano ad arrivare dall’oriente e fanno la differenza tra le tavole dei ricchi e quella dei poveri, che invece continua ad odorare di cipolla, aglio, cavoli e broccoli. Nel Cinquecento arriva un’altra moda: quella dello zucchero, con il quale doveva essere cosparsa ogni salsa da maritare con la pasta. Il suo dolce invadente – anche per bilanciare le spezie – entra anche nel ripieno di ravioli e tortelli. Del resto, in quest’epoca, la pasta è quasi sempre bollita in brodo e gregaria della pietanza principale: carni bianche, carni nobili, selvaggina.

Condimenti a base di carne e verdure – Continuiamo il nostro viaggio nei condimenti della pasta e arriviamo al Rinascimento. Nei ricettari rinascimentali accanto al dolce troviamo ad esempio una delle prime ricette di pappardelle alla lepre (cotte nel brodo dell’animale e servite assieme alle sue carni), ma anche un’agliata (pesto di aglio, noci e pane ammollato raffermo) e una salsa verde a base di erbe aromatiche. I condimenti a base di pesce – se si escludono pochissime città costiere dove il pesce è alla base dell’economia locale – stentano a spezzare questo binomio.

Le prime salse regionali – Il XVII è il secolo delle salse regionali: si delineano infatti condimenti e specialità più tipiche di alcune aree geografiche, condizionati dalla disponibilità di una determinata materia prima. Una curiosità: nel primo pesto alla genovese, che risale al 1863, mancavano i pinoli e già nel Medioevo i “Maccheroni alla genovese” di Maestro Martino sono con una salsa a base di “parmeggiano, rucola tritata e provatura non troppo secca”.

Il Novecento è il secolo della contaminazione – Le cose cambiano nel Novecento: per la pasta si aprono infinite possibilità fino ad includere salse a base di carne, pesci e verdure, spesso sopravvissute grazie alla tradizione orale popolare o scritta dei vecchi ricettari di corte. Il Nord si definisce meglio con il trionfo di pasta fresca e ripiena che un po’ ovunque finisce nel burro e formaggio. In Piemonte con il classico sugo di arrosto al brucio e tartufi di Alba, mentre in Veneto al sugo di interiora alla sbirraglia si accompagna la classica ricetta dei bigoli al sugo d’anatra.

Nel Centro Italia il pomodoro si presenta più prepotente nelle pappardelle alla lepre toscane, mentre nelle Marche i sughi a base di triglie e calamari cominciano a segnare l’arrivo di salse più marinare. Il Lazio contribuisce a rendere celebri, anche all’estero, salse come l’arrabbiata, l’aglio, olio e peperoncino, il cacio e pepe e l’amatriciana. E che dire della Sicilia? Senza, la storia della pasta avrebbe perso la pasta alla Norma, quella con le sarde e finocchietto selvatico e il pesto alla trapanese.

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