Pasta ripiena: 4 curiosità dalla tradizione

Arrivano le feste e con esse anche festosi pranzi e cene intorno al tavolo con parenti e amici. Spesso a troneggiare al convivio delle feste sono le ricette di pasta ripiena tradizionali: ravioli, tortelli, cappelletti e agnolotti piatti di lunga tradizione, che si perdono nella notte dei tempi. Ecco 4 curiosità che forse non sai sulla pasta ripiena, utili per intrattenere gli ospiti tra una portata e l’altra e per far sì che anche la cultura pastaia abbia un posto d’onore tra gli ingredienti delle feste!

Sfoglie sottili dal medioevo – Il ruolo fondamentale della pasta come ottimo rimedio per mantenere in forma il ripieno ed evitare che si disperda durante la cottura in acqua bollente è noto sin dai tempi antichi. Non mancano suggerimenti e severi dettami. Le prime testimonianze scritte in questo senso riguardano proprio lo spessore delle ‘croste’, cioè delle due parti di pasta del raviolo. Secondo Salimbene da Parma devono essere “molto sottili, altrimenti vagliono poco”. Questa ferma indicazione risale agli ultimi decenni del XIII secolo.

Talmente sottili da non esserci – L’idea che le sfoglie nella pasta ripiena dovessero essere talmente sottili da risultare impercettibili ha impegnato numerosi cuochi nel corso della storia per trovare una soluzione soddisfacente. Una ricerca, questa, che toccò il suo culmine con la trovata, tanto bizzarra quanto geniale, di eliminarle. In questo senso la letteratura offre numerose testimonianze di un’evoluzione e di una valorizzazione del ripieno ma la più indicativa risiede nella ricetta dei ‘raviolos sine crusta de pasta’, datata intorno alla seconda metà del ‘400. La ricetta parla chiaro: simili a ‘gnocchi’ di formaggio, questi ravioli devono essere “lunghi e grossi un dito”. L’autore aggiunge inoltre che debbano “bollire adasio che non si rompano, e come hano levato un bulgore levali fora he meteli in scudelle cum zucaro, canella he li puoi fare gialli di zafferano”. Sia chiaro, infine, “he se con pasta li vorrai, falli”.

Lombardia fucina tardo rinascimentale – La nomenclatura ha la sua importanza, nella letteratura culinaria, per essere ben chiari su quello che si intenda con un determinato nome. Tortellini e ravioli son ben differenti e provengono da tradizioni e soprattutto regioni diverse. È in Lombardia, tra il XVI e il XVII secolo, che il cuoco pontificio Scappi parla di come il volgo chiamasse ‘annolini’ quelli che in realtà erano i ‘tortelli con pancia di porco e altre materie’. “L’involucro di pasta è piegato a triangolo e due delle punte saldate insieme realizzando la forma dei cappelletti”, scrive, “che poi è la stessa degli agnolini, chiamati agnoli nella zona di Mantova e marubini in quella di Cremona”.

‘Rafioles’ per i principi vescovi belgi – La testimonianza riguarda in particolare il menu dei principi vescovi di Liegi, cittadella a sud est di Bruxelles ed è a opera di Lancelot de Casteau, chef di corte. Alla fine del XVI secolo egli parla di ‘rafioles’ di carne o di spinaci, con formaggio parmigiano e burro. Regolarmente serviti in tavola, allietavano i palati dei principi che sembravano molto gradire la presenza di ricette consolidate della tradizione italiana e quindi all’altezza dei loro ‘altissimi’ gusti.

E voi avete già deciso il menù delle feste?